mercoledì 22 dicembre 2021

Recensione: La canzone di Achille, di Madeline Miller

C'è chi l'aveva descritto come una lunga poesia che tocca il cuore. Personalmente ci ho trovato il ricordo nostalgico di un vissuto già noto, ma che fa sempre fermare un po' il cuore quando ci si pensa. Signore e signori, sto parlando de La canzone di Achille di Madeline Miller.

C'è chi l'aveva descritto come una lunga poesia che tocca il cuore. Personalmente ci ho trovato il ricordo nostalgico di un vissuto già noto, ma che fa sempre fermare un po' il cuore quando ci si pensa. Signore e signori, sto parlando de La canzone di Achille di Madeline Miller.

La canzone di Achille
di Madeline Miller

C'è chi l'aveva descritto come una lunga poesia che tocca il cuore. Personalmente ci ho trovato il ricordo nostalgico di un vissuto già noto, ma che fa sempre fermare un po' il cuore quando ci si pensa. Signore e signori, sto parlando de La canzone di Achille di Madeline Miller.


Trama

Dimenticate Troia, gli scenari di guerra, i duelli, il sangue, la morte. Dimenticate la violenza e le stragi, la crudeltà e l'orrore. E seguite invece il cammino di due giovani, prima amici, poi amanti e infine anche compagni d'armi – due giovani splendidi per gioventù e bellezza, destinati a concludere la loro vita sulla pianura troiana e a rimanere uniti per sempre con le ceneri mischiate in una sola, preziosissima urna. Madeline Miller, studiosa e docente di antichità classica, rievoca la storia d'amore e di morte di Achille e Patroclo, piegando il ritmo solenne dell'epica alla ricostruzione di una vicenda che ha lasciato scarse ma inconfondibili tracce: un legame tra uomini spogliato da ogni morbosità e restituito alla naturalezza con cui i greci antichi riconobbero e accettarono l'omosessualità. Patroclo muore al posto di Achille, per Achille, e Achille non vuole più vivere senza Patroclo. Sulle mura di Troia si profilano due altissime ombre che oscurano l'ormai usurata vicenda di Elena e Paride.


Recensione

C'è chi l'aveva descritto come una lunga poesia che tocca il cuore. Personalmente ci ho trovato il ricordo nostalgico di un vissuto già noto, ma che fa sempre fermare un po' il cuore quando ci si pensa. Signore e signori, sto parlando de La canzone di Achille di Madeline Miller
Il romanzo vuole essere un retelling del noto poema omerico, l'Iliade, dal punto di vista di Patroclo. Partirò con il dirvi -o ricordarvi- che questo è il mio campo di studi, quindi era innegabile fare il paragone con l'opera originale e notare tutte le discordanze presenti, però non voglio che passi il messaggio che Miller abbia avuto intenzione di stravolgere il poema o, dei non vogliano, di eguagliarlo. Questo romanzo va preso esattamente per quello che è: il dolce tentativo di provare ad immaginare la natura e l'origine dello stretto rapporto di Achille e Patroclo.

Molte delle informazioni che ci vengono date sono reali, sia dal punto di vista sociale, ovvero di come funzionasse la società del tempo, sia dal punto di vista della vita dei due protagonisti, Patroclo e Achille. Poiché Miller si muove all'interno di una storia già scritta e piuttosto ben delineata e non desidera allontanarsi troppo dalla versione originale, non ha potuto stravolgere più di tanto la storia, mettendoci del proprio come ad esempio fa in Circe (di cui si sa molto poco e che si presta ad un gioco di fantasia a più ampio raggio -trovate qui la mia recensione). 
Proprio a questo motivo credo si debba la natura semplice dello stile e la non profondissima introspezione dei personaggi. A questo e probabilmente anche al periodo della prima pubblicazione, il 2011, quando la rappresentazione queer non era accettata come oggi (che poi si debba fare ancora molta strada è, sfortunatamente, innegabile). 

Per una buona parte del libro ho dovuto fingere di star leggendo di altri protagonisti, perché la mancata differenza d'età, il rapporto quasi capovolto dei due e la rappresentazione di Patroclo rendeva difficile godersi la dolcezza del racconto. Giunti a Troia, però, è stato più facile ignorare il tutto, perché i personaggi iniziano ad assomigliare sempre di più agli eroi che conosciamo. 

Il modo di descrivere Achille mi è piaciuto, perché credo abbia ben reso fino a che punto l'onore valesse per un soldato greco, e specialmente per lui, particolarmente orgoglioso. Odisseo è ambiguo esattamente come nell'opera originale (proprio per questo non era amatissimo dagli antichi Greci. La visione romantica che abbiamo di lui è più un lascito di Dante Alighieri che non la reale eredità dei Greci) e ho amato com'è stato rappresentato, così come la maggior parte dei re scesi in guerra sotto richiesta di Agamennone. 

Coloro che mi hanno lasciata perplessa sono stati Teti e Patroclo. La prima è stata dipinta come crudele, distante, legata più all'idea di un eroe come figlio che non al figlio stesso, e selvaggiamente avversa a Patroclo. Tutto ciò non è assolutamente presente nell'Iliade, dove al contrario è dolce, materna e piacevole anche nei confronti dello stesso Patroclo. Se questa parte di lei mi ha fatto storcere il naso, il modo in cui è raccontata la sua storia me l'ha fatta apparire più tridimensionale di quanto non sia originalmente. La violenza subita e l'umiliazione per essere stata costretta a sposare un mortale nel tentativo di stemperare la profezia che la vedeva dare alla luce un figlio più potente del padre (gli dei non potevano permettere che Zeus facesse la stessa fine di Crono, e di Urano prima di lui) sono più che legittimi per l'odio che prova nei confronti dei mortali. L'idea di un figlio mortale potente tanto quanto lo sarebbe stato se fosse nato da due divinità è un riscatto più che comprensibile alla degradazione subita e permette di guardare alla sua avversione per Patroclo con una maggiore comprensione. Quindi, per quanto stravolta, rimane sempre coerente a se stessa. Bocciata l'adesione alla versione originale, ma promossa a pieni voti la nuova personalità firmata Madeline Miller.

Su Patroclo, invece, ho più da ridire. Con i retelling è sempre difficile esprimersi riguardo ai personaggi, perché non si capisce mai quanto l'autore o l'autrice abbiano voluto distaccarsi dall'opera originale: quanto è frutto di un'incapacità di presentare una rappresentazione fedele e quanto invece di un desiderio di innovazione? E, specialmente, quanto bisogna rimanere legati alle versioni originali quando si giudicano i nuovi prodotti? 
Se questo personaggio si fosse chiamato in un altro modo, sarebbe stato sicuramente un buon personaggio! Ben caratterizzato, con i propri pregi e i propri difetti, i propri punti di forza e di debolezza, una propria morale e un proprio punto di rottura. Ma qui non ha un altro nome e il Patroclo descritto ha poco a che fare con quello originale: qui viene fatto passare, passatemi il termine, per un inetto. Non era sicuramente ai livelli di Achille -nessuno poteva esserlo-, ma era un abile e valoroso combattente, era figlio dei suoi tempi e l'onore era importante per gli altri Greci quanto per lui. La sete di sangue che effettivamente Miller gli fa provare non appena veste i panni di Achille non è davvero sufficiente a cancellare le pagine in cui si comporta da infermiere pacifista. Viene presentato con un'indole passiva, e non è proprio il caso. E' però altresì vero che nell'Iliade era l'unico personaggio maschile con una psicologia approfondita e che era molto amato sia da Briseide che da Achille.

Menzione d'onore va, invece, alla visione di Briseide da parte di Achille che la vede essere, come per Omero, un mero bottino di guerra. La rabbia nel vedersela portare via è dovuta, infatti, all'offesa al suo onore e non ad un qualche sentimentalismo, come invece ci propina il pessimo film di Troy (per cortesia, smettiamola con questa favola dell'amore spassionato fra i due alla Romeo e Giulietta). 

Fatti i dovuti chiarimenti, arriviamo alla parte in cui vi informo che alla fine sono scoppiata a piangere come una fontana. Per molti il sapere come sarebbe finito è stato un freno, per me è stato invece il motivo scatenante. L'ultima parte del romanzo (escluse le ultimissime pagine) è la più verosimile e Miller presenta quasi senza modifiche gli eventi così come si susseguono nel poema omerico: non c'è bisogno di aggiungere altro, la versione originale è già commovente di suo. Miller ci dà però il colpo di grazia (quello in cui sono caduta anche io) quando ci presenta i sogni e le speranze dei due guerrieri una volta che Patroclo tornerà dalla battaglia. E' infatti questo ciò che rende più sofferto il finale e non la morte in sé di un personaggio per cui comunque ci dispiace: è il "guarda cosa avrebbero potuto avere, come avrebbero potuto vivere assieme, se solo non fossero morti".
Per non parlare di come il lettore sappia due volte tanto ciò che sanno i personaggi: per gran parte del libro è Patroclo a prepararsi alla dipartita di Achille, già optando per seguirlo volontariamente subito dopo, ma alla fine è Achille a ritrovarsi a raccogliere le sue ceneri, un Achille che fino a quel momento non aveva mai davvero perso qualcosa di così significativo e che non credeva sarebbe mai sopravvissuto a Patroclo.

Alla fine l'ho trovato un libro godibile, non con uno stile eccelso (cosa che invece ho riscontrato in Circe, qualitativamente parlando dieci spanne sopra a La canzone di Achille), ma sicuramente adatto ad un pubblico adolescenziale quanto adulto; molto dolce nel modo in cui viene affrontato il loro rapporto e struggente quanto l'originale nei momenti finali, anche se avrebbe potuto osare di più: il poema omerico infatti presenta molte più scene drammatiche in cui Achille dà sfogo al suo dolore e nessuno avrebbe potuto recriminare a Miller di aver reso il tutto troppo sentimentale, perché, per l'appunto, sarebbe stata più che fedele all'opera. Però capisco anche che forse avrebbe caricato troppo la lettura (io avrei gradito però, non so voi). 

In conclusione, La canzone di Achille è un libro che consiglierei? , sì e ancora sì, perché, checché ne dicano gli scettici, è stato capace di avvicinare migliaia di persone ai poemi omerici e alla letteratura greca antica e rappresenta il pilastro di una visione del rapporto fra Achille e Patroclo che per secoli è stato soggetto a censura. Omero non utilizza mai la parola 'amore', ma è anche vero che non scende nei dettagli neanche in coppie considerate canoniche. La reazione di Achille alla morte di Patroclo va oltre la reazione normale che ci si aspetterebbe per un semplice amico o parente e la visione di loro come amanti -senza entrare troppo nel dettaglio delle dinamiche di pederastia dell'epoca- era diffusa già fra gli antichi (se proprio volete un nome, andatevi a leggere cosa fece Alessandro Magno con il compagno Efestione sulla tomba di Achille e Patroclo). Se è necessaria La canzone di Achille per far togliere i paraocchi alla gente, allora che La canzone di Achille sia! Che poi un po' di sano angst non si butti mai via, è un'altra storia.


VOTO

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