Inizierò facendo i miei sentiti complimenti ad una donna che può dire di avercela fatta, di aver realizzato il suo sogno. Diventare scrittori o scrittrici è un miraggio che molti ancora sperano diventi realtà. Non è facile, però, e per questo mi sento di dire a Maya Motayne: "Vai così!"
E adesso, fatti i dovuti convenevoli, vi lascio alla mia recensione.
Nocturna
di Maya Motayne
Trama
Per l'orfana Finn Voy "magia" significa due cose ben precise: un pugnale puntato al mento di chiunque si azzardi a incrociare la sua strada, e la capacità di indossare qualunque travestimento con la stessa facilità con la quale una persona comune indossa un mantello. Perché Finn, oltre a essere una ladra abilissima, è anche una mutafaccia, capace di cambiare le proprie fattezze quando lo desidera. Ed è talmente abituata a farlo, per sopravvivere nel mondo violento e spietato in cui vive, da non ricordarsi quasi più quale sia il suo vero volto. Ma tutto sommato a lei va bene così. Quando però viene acciuffata da un potente criminale con il quale è indebitata, è costretta ad accettare una missione impossibile: rubare un tesoro leggendario dal palazzo reale di Castallan. Se non ci riuscirà, perderà per sempre la sua magica capacità di mutare aspetto.
Per il principe Alfehr "magia" significa la possibilità di sfuggire a una vita che non gli appartiene. Dopo la morte del fratello maggiore Dezmin, infatti, il ragazzo è diventato l'erede al trono, anche se è ciò che meno desidera al mondo. Tormentato dal dolore per la sua perdita, Alfie è disposto a tutto per riportare in vita il fratello, anche se questo significa inoltrarsi nel sentiero proibito della magia nera.
Ma la magia può essere anche qualcosa di terribile e spaventoso, come l'antico e terribile potere che Finne Alfie liberano inavvertitamente e che diventa subito una minaccia per il mondo intero. Con il destino del regno di Castellan nelle loro mani, i due dovranno superare le loro differenze e allearsi per rimediare al loro errore.
Recensione
Oscuro, intrigante, maturo: così si presentava questo libro, il primo di una trilogia della neo scrittrice Maya Motayne. Purtroppo mi sento di ammettere di essere rimasta un po' delusa. Ma andiamo per gradi...
Il mondo in cui si aggirano i due protagonisti è ben fatto: da una parte, il classico scenario medievale dei libri fantasy ha aiutato a porre delle solide basi, dall'altra l'utilizzo della magia ci viene presentato con una naturalezza tale e così ben amalgamato alla storia da risultare vero e per nulla forzato.
Il tasto dolente -almeno secondo il mio parere- è, invece, rappresentato proprio dai personaggi.
Finn è una ladra esperta, vive la strada a trecentosessanta gradi e con il tempo questo l'ha resa cinica e spietata al punto giusto. Ora, sarà che ultimamente -ma in realtà praticamente da sempre- si ha la tendenza a rendere la protagonista una vera forza della natura nelle prime pagine, per poi lasciarla avvizzire nel classico triangolo amoroso nelle successive; sarà che dalla trama Finn sembrava per la prima volta una protagonista con i cosiddetti attributi e senza quel bisogno di essere salvata; sarà che speravo in un personaggio, per una volta, più maturo… ma sono rimasta delusa. Non fraintendetemi, Finn è un bel personaggio, ben caratterizzato, coerente con se stesso e nuovo, come non lo si vedeva da tempo (e qui mi sto riferendo allo storico cinismo di Katniss Everdeen di Hunger Games), il suo modo di essere, plagiato nel tempo dagli abusi del padre, è verosimile e accattivante, la sua schiettezza e la sua ritrosia a riconoscere le autorità sono piacevolmente divertenti, ma tutto il potenziale che un personaggio come il suo poteva avere è stato ridotto al minimo indispensabile e spalmato quasi interamente sulle prime pagine.
Sembrerò controcorrente, e un po' mi sento di esserlo, quando affermo che la lentezza riscontrata da altri lettori nella prima parte del libro, per me, è pressoché irrilevante. Come già detto, l'autrice è brava ad immetterci in medias res in un mondo governato dalla magia e quindi con i suoi termini e le sue dinamiche; personalmente non ho trovato alcuna difficoltà a seguire tutte le peculiarità di Castallan (lo Stato in cui si svolge tutta l'azione) ed, anzi, il ritmo della scrittura reso incalzante dagli sviluppi della storia e dei protagonisti mi spingeva a continuare a volerne sapere sempre di più, però -per l'appunto- è durato poco.
Mi spiego meglio: come ci viene detto fin da subito, il controllo degli elementi e la magia sono alla portata di tutti, non si può dire, però, la stessa cosa del proprio: un potere più forte e complesso, una peculiarità di poche persone e diverso per ognuna di esse. Ebbene, Finn ne ha uno: può cambiare aspetto e tramutarsi in chiunque lei voglia. A parer mio è un potere fantastico. Unito alla sua personalità ha un potenziale quasi illimitato! Finn sarebbe potuta essere un grande personaggio… se non fosse che dopo qualche capitolo ne viene privata. Così. Tanto veloce quanto la dipartita di quel povero ragazzo iperattivo alla partita a scambiò (non sto vaneggiando, è solo una citazione rivolta a chi ha già letto il libro). Mi sono sentita tradita. Per quanto mi riguarda se mi promettevano la pizza più buona del mondo, per poi servirmi solo il cornicione, mi sarei offesa di meno. Ecco dunque l'unica cosa che avrebbe potuto salvarmi dalla delusione per Finn sparire… puff!
Analogamente, Alfie mi era parso decisamente molto più accattivante di come poi non si è dimostrato in seguito. Amante del rischio, ribelle, legato al ricordo del fratello scomparso e risoluto nel volerlo riportare indietro, pronto a battersi con una ragazza nei vicoli della sua città pur mantenendo il decoro degno di un futuro re, che -colpo di scena- non vuole essere. Sfacciato e allo stesso tempo un po' goffo nella sua eleganza, questo sembrava essere Alfie. Invece si è rivelato tutt'altro, e purtroppo questa non è stata solo una mia speranza gonfiata a priori e successivamente sgonfiata come un palloncino. Anche qui, però, non fraintendetemi, perché sebbene partito male, Alfie -la cui unica peculiarità rimasta, ahimè, è proprio la ritrosia per il suo ruolo di principe ereditario- si è rialzato, diverso da come lo avevo immaginato, ma si è pur sempre rialzato, rivelando una personalità più profonda e complessa di quanto non sembri all'inizio -oserei dire quasi più intrigante di Finn.
Tirando le somme… sono i personaggi di cui speravo di leggere? No, nel modo più assoluto. Li ho trovati comunque interessanti? Sì.
Se dovessi indicare una scena in cui la Finn che speravo è caduta completamente in frantumi, io direi il momento in cui rivela ad Alfie la motivazione per la quale decide di aiutarlo a catturare la magia nera. L' Oggi no -a parer mio- più sdolcinato e privo di senso della storia! L'improvvisa voglia di rinnovarsi, l'improvviso desiderio di cambiare abitudini di anni volte all'autoconservazione e riassumibili nel classico "chi si fa gli affari suoi campa cent'anni", tutto ciò per risolvere i problemi di qualcuno che neanche conosce e che con il suo ruolo incarna tutto ciò che lei ha sempre rinnegato e disprezzato. Ed è esattamente in questo momento che ho messo da parte le mie speranze e ho accettato il fatto che Finn fosse la classica adolescente in preda agli ormoni che cambia idea solo perché si sente di farlo. Questo, e nient'altro, è il motivo della mia delusione: Finn non è la donna matura che speravo fosse, perché sostanzialmente è ancora piccola dentro di sé; i suoi ricordi non sono cicatrici indurite nel tempo né calli che l'hanno resa più dura, ma ferite solo apparentemente rimarginate e pronte a sanguinare di nuovo al minimo movimento (mi scuso per l'immagine macabra, ma è l'unico modo che mi è venuto in mente per descrivervela).
Come già detto, la rivelazione di Alfie è stata una strada in salita, ma sorprendentemente piacevole; posso -e allo stesso tempo non posso- dire lo stesso del rapporto fra lui e Finn. All'inizio, e non sto parlando del primo incontro intrigante nel cuore della notte fra i due, ma già dall'ala abbandonata del palazzo, continuavo a ripetermi: "Non c'è chimica, ragazzi! Non ci siamo proprio!". Si punzecchiavano, si abbaiavano l'un l'altra, si sfidavano silenziosamente e non, ma almeno per quanto mi riguarda non sono riuscita a vederli in qualcosa di più se non un'amicizia ai limiti del fraterno, il che non va molto bene. Qui però è intervenuto il mio lato razionale, e non quello plagiato da anni di film, serie tv e libri rosa, e mi sono ritrovata ad ammettere che nella realtà le relazioni, quelle forti, hanno bisogno di tempo per crescere, ed è esattamente ciò che la Motayne ha scelto per i suoi due protagonisti: tempo. Tutto ovviamente con la speranza che non ne impieghino troppo…
Fatte le dovute precisazioni su Alfie e Finn, mi sembra doveroso parlare anche del "cattivo di turno". Mi dispiace quasi dirlo, ma non l'ho apprezzato minimamente. L'idea di una magia nera, malvagia, alla ricerca del suo padrone ci potrebbe anche stare, se non fosse che a me ha dato l'idea di un fumetto per bambini. La ricerca dei "cuori malvagi", il diffondersi della malvagità con la stessa dinamica della creazione degli zombie, persino la "sfortunata casualità" che vede il male di questo mondo allearsi con l'uomo degli incubi di Finn... tutto troppo scontato, piatto e specialmente passivo. I cattivi, quelli belli, intriganti, quelli che o li odi o li ami, quelli dal passato turbolento e spietato, quelli dalle caratteristiche più umane che fantastiche e per questo più affascinanti, sono tutto tranne che passivi. Personalmente più il cattivo della storia è sfaccettato, più la storia è matura; al contrario, quando il cattivo è piatto, con la cattiveria che è fine a se stessa, tanto più non posso impedirmi di pensare ai libri per bambini. Con questo non voglio dire che Nocturna sia un libro per bambini, ma gli manca decisamente quella maturità da definirlo un libro adatto a tutte le età. Voglio comunque spezzare una lancia a suo favore per il personaggio di Ignacio. Ecco, se il solo e unico cattivo della storia fosse stato lui sarebbe stato decisamente più apprezzato.
Tralasciando la confusione di antagonisti (... un patrigno ossessivo che viene semi-posseduto dalla magia malvagia, che in realtà cerca di far risorgere il dio delle tenebre... non so se riuscite a captare lo scetticismo) lui è un personaggio ben riuscito: Ignacio è l'incarnazione della possessività, dell'amore malsano di un padre per una figlia, del bisogno spasmodico di sentirsi amati. Ignacio brama così tanto l'amore degli altri da imporlo con il suo proprio, per poi avere delle vere e proprie crisi d'esistenza nel momento in cui non comprende più se si tratti di amore vero o di pura e semplice costrizione. Ossessionato da Finn, stringe il cuore -pur essendo lui malvagio- il modo in cui ci si rapporta, quasi in una continua lotta fra il suo amore per lei e il suo lato psicopatico che la vorrebbe morta. Finn è l'unica cosa sicura nella sua vita: una figlia che lo ama e per lui farebbe tutto, poco importa se l'ottanta percento del tempo era lui a manovrare i fili della sua volontà... letteralmente.
C'è inoltre qualcosa che potrebbe passare in sordina, cosa che non ho molto apprezzato, ed è il mistero dietro all'omicidio di Dez, il fratello maggiore di Alfie, nonchè vero erede al trono: che non sia una mera congiura finita male e organizzata ancor peggio è chiaro dai piccoli indizi lasciati lunga la storia, però, appunto, sono troppo piccoli. Quel filo che dovrebbe spingere il lettore a volerne sapere di più e sperare nel secondo volume, l'anello di congiunzione per farla breve, è troppo flebile e sottile. Secondo me non è stato dato il giusto peso alle scoperte fatte, lasciandole più su una base di "semplice conoscenza personale" che il principe Alfehr vuole intraprendere (figurarsi che sembrava un libro autoconclusivo).
Sembrerà che questo libro sia da accantonare, ma a mio modesto parere ha solo bisogno di crescere. Le forti basi le ha, i personaggi li abbiamo imparati a conoscere... piano piano, sì, però alla fine sono decisamente più strutturati di quanto non sembrassero inizialmente. Inoltre, quantomeno per lo scenario italiano, è nuovo anche il genere a cui appartiene: il LatinX. Questa è, infatti, una nuova corrente, piuttosto famosa negli Stati Uniti, che vede una nuova forma di rappresentazione per tutte le popolazioni di origini latinoamericane: dimenticate il genere, l'orientamento sessuale, l'estrazione sociale e focalizzatevi sull'orgoglio per le proprie origini, la propria cultura, la propria lingua.
Solo così si può comprendere appieno il peso di protagonisti non più standardizzati (parliamoci chiaro, quand'è stata l'ultima volta che i protagonisti -ma in realtà qui tutta la popolazione- avevano pelle scura e capelli ricci?) e della presenza di termini spagnoli, capaci di rendere il romanzo molto più dinamico e vivo.
La copertina del libro, in tutto ciò, è spettacolare e rispecchia in tutto e per tutto i colori, lo stile e l'energia del mondo che racconta. Mai avevo toccato con mano una copertina che richiamasse al tatto e alla vista un mosaico.
In conclusione, quando ho terminato di leggerlo non mi ha lasciato alcun vuoto, nessun moto interiore; non mi ha scossa e non credo mi abbia trasmesso quel calcosa in più capace di farmi maturare in quanto lettrice, però questa è la mia esperienza personale e sto parlando di me, una lettrice seriale di fantasy e distopici che ha visto la sua iniziazione al mondo degli Young Adult, e spesso anche Adult, già dai dieci anni. Non è un vanto, ma con questo voglio dire che solo perchè non ho incontrato niente di nuovo io, non vuol dire che qualcun altro non ci possa trovare la sua propria rivelazione.
Arrivando alle domande importanti...
Consiglierei questo libro? Sì. Acquisterò i successivi? Decisamente sì. Credo fortemente che il quadro generale della Motayne sia più grande e complesso di quanto non traspaia dal primo volume e non vedo l'ora di scoprire come continuerà.
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