venerdì 18 ottobre 2019

Recensione: Regina di Cenere, di Tracy Banghart

Regina di Cenere Tracy Banghart

Eccomi con una nuova recensione! Sto parlando di Regina di Cenere di Tracy Banghart, secondo e ultimo volume della duologia Iron Flowers.


Regina di Cenere
A volte bisogna ridurre il mondo in cenere per costruirne uno migliore
di Tracy Banghart

Copertina


Trama 

Se c'è una cosa che Nomi ha imparato durante i mesi trascorsi a corte è che non bisogna arrendersi mai. Nemmeno quando tutto sembra perduto. Nemmeno quando Malachi, l'uomo che ama più di se stessa e legittimo erede al trono, viene spodestato dal fratello minore e bandito dal regno. Disperata, Nomi sa che le rimane un'unica speranza: raggiungere la sorella Serina nella prigione di Monte Rovina. Ma al suo arrivo non trova ad aspettarla le donne vinte e ferite che ha sempre immaginato. Perché le prigioniere di Monte Rovina si sono ribellate: alle loro ingiuste condanne, al loro ingiusto destino di donne. E Serina, la dolce, remissiva Serina, è il capo della rivolta. Il dolore, la violenza e la sofferenza hanno cambiato sia Nomi che Serina, eppure le sorelle sono pronte a combattere l'una al fianco dell'altra. Per liberarsi dell'usurpatore e per ristabilire la giustizia - e l'uguaglianza - in tutto il regno. Perché, a volte, per costruire un mondo migliore bisogna prima ridurre tutto in cenere.


Recensione

Se il primo volume (Iron Flowers) mi aveva interessata, il secondo mi ha completamente affascinata!

All'inizio ritroviamo subito i personaggi principali -e non- riuniti a Monte Rovina, la prigione a cui vengono destinate tutte le donne che non hanno voluto abbassare la testa. Solo che la temeraria Nomi adesso risulta terrorizzata e ancora più piccola a causa del tradimento di Asa, mentre la sottomessa Serina è a capo delle carcerate.

È interessante vederne l'interazione, le singole paure e preoccupazioni di ciascuna, i sensi di colpa e comunque il sollievo per sapersi salve. Allo stesso modo è ben costruita la tensione fra Nomi e Malachi. Entrambi li avevamo lasciati sulla nave diretta a Monte Rovina, l'uno moribondo e l'altra traumatizzata, subito dopo l'omicidio del Supremo da parte di Asa, il fratello creduto "buono".
Che tra i due ci fosse comunque una qualche chimica era innegabile, ma il loro rapporto si vede ricostruito piano, con i giusti e dovuti tempi. Del resto è in parte colpa della ragazza se è avvenuto il colpo di stato di Asa. Malachi si prenderà il suo tempo per riuscire a superare lo chock per aver perso tutto, ma ne impiegherà di più Nomi per imparare a non venir soffocata dal senso di colpa.
Un'ulteriore chicca nella categoria "traumi" secondo me la merita la fiducia negli uomini di Nomi. Perché quella poca che si era andata a costruire, viene distrutta paradossalmente proprio dall'unica persona di cui si era fida: Asa. Sarebbe stato facile farla buttare fra le braccia di Malachi, ma questo avrebbe reso lui una ruota di scorta e Nomi una bambina senza troppa coscienza di sé e degli altri. Fortunatamente così non è stato.

Ma andiamo al libro in termini più generali...
Lo stile è fluido e la narrazione piacevole. E tutte le scene d'azione che mancano nella prima parte del libro le si ritrovano nella seconda parte con descrizioni ponderate e avvincenti.
La Banghart è stata brava a far respirare -attraverso piccole scene- la pressione sociale a cui viene soggetto il popolo sotto il regno di Asa, la tensione continua fra l'aver salva la vita e il mantener saldi i propri valori, propri di un regime totalitario come troppi se ne son visti.

Nella recensione al primo volume (che vi lascio qui), avevo parlato di come non fossi ben riuscita ad inquadrare il personaggio di Nomi e devo dire che è una sensazione che è persistita fino a poco prima della fine. Nomi è sostanzialmente ancora un'adolescente, ha vissuto ingiustizie nella sua vita, ma mai traumi forti quanto quelli di Serina, capaci di trasformare completamente qualcuno, di farlo "crescere troppo in fretta". È vero anche che arriva ad un certo punto in cui decide di mettere da parte i propri desideri per un bene superiore, ma in quel momento mi ha dato da pensare che fosse più una decisione sofferta, che non un comportamento dettato da una totale crescita interiore. Come già detto Nomi è una ragazza, non ancora una donna, e forse è proprio questa sua caratteristica che la rende poco leggibile. Non siamo capaci di interpretare le sue emozioni, di capirne l'origine o, ancora, di comprendere appieno il motivo delle sue azioni probabilmente perché... non lo sa neanche lei! Ha sedici anni, il suo mondo è stato messo sottosopra e com'è normale che sia nella sua testa c'è tutto e niente, ma soprattutto c'è la paura irrazionale di venire tradita di nuovo, e, pur sapendo che Malachi non è Asa, quel "E se invece..." troneggia sopra tutto e tutti e influenza le sue azioni.
Se tutto ciò fosse davvero parte del disegno generale dell'autrice, allora tanto di cappello, perché è riuscita a dar vita ad un'adolescente senza stereotipi e pregiudizi di sorta.

E ora, arriviamo al mio personaggio preferito: Serina. Ecco, Serina qui incarna il percorso della donna nei secoli: sottomessa, remissiva, accondiscendente, tutte qualità necessarie per essere una "buona donna" dagli antichi fino a ben oltre la metà del diciannovesimo secolo. E poi, di colpo, una guerriera spietata al punto giusto e degna dei movimenti femministi e dei moti delle Suffragette; ma anche innamorata… una donna con la D maiuscola che non ha bisogno di un principe che la salvi (Val ti si ama ugualmente!).

Alla fin fine i personaggi del primo volume si sono confermati nel secondo e a questo proposito è interessante vedere "finalmente" il vero Asa all'azione: spietato, senza scrupoli e sadico. Peccato che le sue scene siano state molto poche. Parlando di poche scene, non posso che pensare a Malachi nella parte finale del libro: parliamoci chiaro, il ragazzo è arrivato a battaglia finita, il che è stato stranamente… giusto.
Ammetto che lì per lì mi ha fatto storcere il naso, perché non capivo dove volesse andare a parare la sua assenza, ma col senno di poi era giusto che la fine di questa storia venisse conquistata dalle sole donne (Di nuovo, Val, ti si ama). 

E ora, il momento più atteso: il finale.
Regina di Cenere sembrava avere un finale citofonato, o forse due: il primo che vedeva Nomi al comando e il secondo che invece vi vedeva Serina. Fra le due avrei preferito sicuramente la sorella maggiore per ovvi motivi: perché più matura e perché più avvezza alla leadership. E invece no. Premetto che le pagine necessarie per scoprire chi dovesse salire al trono mi sono sembrate un'interessante e alquanto frustrante partita a ping pong: ogni volta che sembravano prendere una decisione, attraverso la loro argomentazione io finivo con l'autoconvincermi che Ok, dai, alla fine è giusto così (nessuno vuole terminare un libro con l'amaro in bocca), ma poi tutto veniva stravolto di nuovo! Questi continui viaggi fra Malachi, Nomi e Serina mi hanno fatto chiedere più volte perché non si riunissero tutti nella stessa stanza per una buona volta! MA il finale è andato al di là delle mie aspettative. 

Proprio come il significato di femminismo (parità fra uomo e donna), così si è conclusa quest'avvincente saga, con un potere diviso in egual misura fra una donna e un uomo, Nomi e Malachi. Ho apprezzato l'atteggiamento di pieno supporto di Val e Malachi. Il primo tenero e spontaneo e il secondo più mitigato, ma ugualmente potente. Mi ha fatto emozionare il ruolo di Serina e delle donne di Monte Rovina come nuove "Grazie speciali" della Regina; ma soprattutto ho adorato quella nota agrodolce alla fine: lo sdegno e la disapprovazione degli aristocratici e dei funzionari ha reso tutto più reale, perché alla fine il mondo non è una favola da "E vissero tutti felici e contenti", ma una lotta continua che Tracy Banghart con la saga di Iron Flowers è stata capace di rappresentare. 




VOTO





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