domenica 19 gennaio 2020

Recensione: Phantomatìk, di Gianluca Agomeri

Phantomatìk Gianluca Agomeri

Salve a tutti! Oggi volevo parlarvi di un libro che si è aggiunto alla mia -già numerosa- lista di questo autunno. Un libro leggermente fuori dalla mia comfort zone e di cui ho apprezzato particolarmente i risvolti ideologici.

Phantomatìk
di Gianluca Agomeri


Trama

La criminalità organizzata si sta rafforzando e i Servizi Segreti faticano a seguirne le tracce. Un misterioso giustiziere mascherato dalla forza sovrumana, nel frattempo, combatte una battaglia personale contro la malavita. Eroe o fuorilegge? E' il dilemma che presto dovrà affrontare Miriam Piccoli, agente operativo dell'Intelligence il cui destino si intreccerà con quello del superuomo dall'identità sconosciuta. Intanto, la temuta banda criminale della Signora si prepara a colpire...


Recensione

Mi sento di partire dal titolo, che alla fine è il nome che viene dato a questo eroe mascherato: Phantomatìk. Può sembrare un po' ridicolo ed infatti è stato pensato proprio per questo! Una burla fra colleghi, tanti fumetti alle spalle e una grande fantasia: è così che è nato il nome del nostro eroe. 

E a proposito di colleghi, devo ammettere di aver apprezzato moltissimo la caratterizzazione di tutti i personaggi secondari. Sono i primi ad essere introdotti, il contorno, e oserei dire anche la cornice, di un quadro davvero interessante. Le dinamiche fra colleghi sono realistiche, si cammina sopra la linea sottile che separa le mere relazioni lavorative con i più stretti rapporti d'amicizia, senza mai esagerare né in un verso né in un altro.
Vengono inoltre presentate anche tutte quelle difficoltà, quei problemi, che si possono incontrare nella vita di tutti i giorni con una maturità e una semplicità tale da porli come dati di fatto, che non canalizzano aggressivamente l'attenzione su di sé: sto parlando delle dinamiche lavorative soggette spesso e volentieri a decisioni "prese dall'alto", senza che queste vengano prima ponderate o prese con reale giudizio (Ruggiero sto parlando di te…), ma soprattutto ai grossi problemi che si possono generare da una grave disabilità. In questo caso Nadia Franchini è l'esempio migliore per parlare di come persone con disabilità, innata o provocata, smettano di risultare come esseri umani fatti di sangue e carne, con sogni e desideri. Troppi sono i momenti in cui Nadia viene rilegata agli angoli, nascosta (pur comprendendo le motivazioni pratiche, in questo caso non da poco), e l'autore è stato abile nel caratterizzare comunque un personaggio reale, vivo, che non si piange addosso, ma che -giustamente- è in collera col mondo.    

Parliamo ora dei nostri protagonisti: Miriam Piccoli e Phantomatìk. Le storie di questi due personaggi si intrecciano nel tentativo di sventare l'organizzazione mafiosa della Signora, personalità sconosciuta persino ai suoi sottoposti e che si diverte a tirare le fila del gioco. 
Ma facciamo un passo indietro. 

Al momento ci troviamo in una situazione in cui un uomo mascherato dall'apparente forza sovrumana si diverte a giocare al Cavaliere Oscuro e a consegnare alla polizia i delinquenti, la maggior parte dei quali, uomini della Signora. Ci tengo a fare una menzione d'onore alle reazioni che gli agenti dei Servizi Segreti hanno nei confronti degli aiuti da parte di Phantomatìk: se da una parte siamo abituati ai supereroi che salvano il mondo e sono acclamati dalla gente, dall'altra ci dobbiamo anche rendere conto di come spesso tutto ciò accada perché non si rispettano le leggi, le regole del gioco. I supereroi giocano sporco. È un dato di fatto puro e semplice: fanno irruzione dove non dovrebbero, iniziano lotte quando non potrebbero, si arrogano libertà che il mondo cede loro volentieri, ma solo perché in quel momento si trovano dalla stessa parte. Un piccolo male per un bene superiore, si dice. Ebbene, questo è un concetto che si potrebbe accettare se non si fosse gli arbitri del gioco, cosa che in questo caso tocca essere ai Servizi Segreti italiani. Non è mai un male un aiuto in più, ma qualcuno che infrange la legge, anche se per un "bene superiore", va fermato. 

"A casa mia si chiama omicidio. Di criminali, feccia della società, ma pur sempre omicidio." sbottò Vanni.

Per questo motivo ho ampiamente apprezzato la maturità di Marcello Vanni, che non a caso, a differenza dei colleghi, si trova a capo del Dipartimento in qualità di alto funzionario dei Servizi Segreti (Ruggiero, capo generale dei Servizi Segreti, ha indirettamente espresso lo stesso parere, ma il suo personaggio è un misogino, arrogante ed egoista e per questo va semplicemente odiato a priori, quindi per ripicca farò finta che Vanni sia stato l'unico con del sale in zucca). 

Fatta questa doverosa premessa, è arrivato il momento di parlare della protagonista: la nostra Miriam Piccoli. Considerata l'intera storia, devo ammettere di aver trovato Miriam piuttosto sottotono. Il suo percorso psicologico-introspettivo appare troppo rapido e a tratti confuso: ci viene descritta come una donna dalla personalità forte, schiva, dura, abituata al dolore sia fisico che mentale, caratterizzata da un cinismo e una schiettezza notevoli, ma poi in alcuni momenti ritroviamo una Miriam emotivamente troppo devastata dalla situazione! Se consideriamo il suo addestramento nelle forze armate e le sue innumerevoli missioni per i Servizi Segreti, questa fragilità che emerge soprattutto verso la fine stride in maniera troppo pesante con l'intero personaggio. Un evento, nello specifico, ho trovato decisamente poco coerente con la linea psicologica di Miriam: dopo essere stata salvata per la seconda volta, la donna viene presa dall'irrefrenabile voglia di scoprire chi si celi dietro il proprio angelo custode. Fatto giustificato e per nulla sorprendente se lo si considera frutto di una deformazione professionale, come si suol dire; il problema sorge, almeno per me, quando poi questo tentativo si conclude con un bacio. Ora, posso comprendere la tensione di aver rischiato di morire -di nuovo- ma una donna con una tale personalità non penso si sarebbe mai lasciata andare ad un'azione simile, né credo le sarebbe mai balenata in mente. Tutto ciò sembra aggravarsi quando quella che sarebbe potuta divenire un'ossessione alquanto interessante e più che giustificata nei confronti del misterioso salvatore, pare assumere le sfumature di una cotta adolescenziale. Personalmente ho trovato poco realistici questi avvenimenti che mi hanno lasciato con una sensazione di amaro in bocca; fortunatamente, però, ciò sparisce quando Miriam pare tornare in sé verso la fine del volume, nello specifico quando si sente tradita e non si fida più di Phantomatìk, assumendo un atteggiamento aggressivo e diffidente, decisamente molto più in linea con il personaggio. 


Torniamo, però, alla storia in generale che come nei migliori dei gialli sembrerebbe indirizzarti indirettamente alla soluzione, per poi sfilartela da sotto il naso. Ci si sente sempre degli Sherlock Holmes quando si pensa di aver capito tutto! per poi, successivamente, rendersi conto che il ruolo di Watson ci si addice di più. L'autore è bravo a sviare i falsi indizi, facendoli sembrare piccole briciole risolutive, quando invece ci sta tessendo la tela del ragno attorno. Questo è esattamente ciò che è successo con il detective Diego Folletti. Sarò sincera, spesso le soluzioni dei gialli sono deludenti e scadenti, ma in questo caso i colpi di scena si sono susseguiti in un crescendo veramente soddisfacente. 

Doveroso è l'avvertimento che sotto seguiranno due rivelazioni importantissime, entrambe riconducibili alla domanda: chi è Phantomatìk? 

Sebbene analizzi quello che per me è l'elemento centrale della storia, se non volete incorrere in spoiler è bene che non clicchiate sul pulsante sottostante. Siete stati avvisati!

Infine, come avrete imparato a capire da altre mie recensioni, ma anche dalla presente, il mio gusto tende più al realismo cinico-pessimista che non al "vissero per sempre felici e contenti". Perciò non dovrebbe sorprendervi se l'happy ending di questo volume mi ha fatto sorridere. Ciononostante non l'ho trovato eccessivamente sfacciato nel buonismo di fondo che si evince nella parte conclusiva, interrogatorio compreso. 

Tirando le somme io ho trovato Phantomatìk un libro più profondo di quanto non possa sembrare all'inizio. L'esposizione è pulita e la narrazione scorrevole; inoltre è una storia capace di catturare il lettore unendo thriller e mistery all' Urban fantasy! Sicuramente un libro che consiglierei





VOTO






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